La sicurezza in bici: quando i consigli arrivano dagli automobilisti.

La sicurezza in bici: quando i consigli arrivano dagli automobilisti.

Ho aspettato qualche giorno per dire la mia sul tema dei morti in bicicletta sulla strada. 
Quando succede una tragedia come quella di Davide Rebellin é facile cadere nella retorica, e si rischia che ci si dimentichi presto dell'accaduto.
Sono fermamente convinto che quello che é accaduto, e continua ad accadere, é frutto di una cultura stradale in gran parte sbagliata, eccessivamente buonista e tollerante nei confronti dell'automobilista arrogante e presuntuoso.
Io vado in bici praticamente ogni giorno, é il mio mezzo di trasporto, ci ho viaggiato in diversi paesi Europei ed in diverse regioni Italiane, quello che ho osservato é che dove il ciclismo é più sviluppato e sono nate regolamentazioni o segnaletiche specifiche, gli automobilisti hanno comportamenti più corretti.
Non mi stupisce infatti leggere il messaggio di condoglianze di Giorgia Meloni che saluta il ciclista che ha difeso la bandiera come se fosse morto di vecchiaia. D'altra parte cosa può fare il presidente del Consiglio per provare a cambiare le cose?
In Italia nel 2021 ci sono stati 180 morti sulle strade tra i ciclisti, ma riusciamo ad avere il pugno duro soltanto contro i rave, gli automobilisti sono troppi, non vorrai mica perdere voti proprio ora?
Poteva morire anche tra qualche mese, magari era più semplice discutere una legge che obbligasse il metro e mezzo per il sorpasso ai ciclisti. Che eliminasse quella stupida regola della fila indiana tra i ciclisti: ora é cosí comodo fargli il pelo senza invadare l'altra corsia.
D'altra parte se ci sono buche, burroni, muretti, ed il ciclista si fa male seriamente, se ne occuperà l'ente competente. Per ora tagliare i 94mln destinati alle Ciclabili mi sembra un ottimo inizio.
Peró non credo che il problema sia soltanto legislativo.
Diciamocelo, il ciclista sta un po' sulle palle a tutti.
Quando siamo in strada, domenica alle 11,45 e dobbiamo arrivare al rifugio e mi trovo quel gruppo di ciclisti che sale a 6 km/h, e rischio che si freddi la polenta, a chi non é capitato di aver quell'istinto di buttarli nel campo sotto? D'altra parte é umano.
Ho fatto un giro sui social per recuperare qualche meme davvero esilarante, perchè hanno quella forza di tirar fuori quello che pensiamo davvero, e non ci vergogniamo di lasciarlo pubblico perché tanto la maggioranza la pensa più o meno allo stesso modo.
Cito Silvana Giardina (é solo un esempio), che in bio si descrive come "per l'amicizia ed il rispetto", sotto al post "le pecore hanno capito e i ciclisti no" scrive :"Giá... credono di essere i padroni della strada...e poi se qualcuno viene investito é ancora colpa dell'automobilista".
Qualcun altro spera nel passaggio di un Tir, per una qualche colpa della madre, tra l'altro sempre bistrattata in Italia.
Io credo che quest'odio sia casuale, poteva essere una qualsiasi altra categoria, ma da una parte c'é un po' di invidia atletica, e dall'altra molta ignoranza stradale. Ci hanno insegnato a guardare a destra e sinistra prima di attraversare sulle strisce pedonali, ma quello che non abbiamo capito é che lo facciamo per precauzione, non perché dobbiamo dare la precedenza all'automobile.
Se ci pensiamo bene é un mezzo che ci hanno fatto idealizzare, ci avrebbe dato quel senso di libertá e potere e questo annebbia le interpretazioni stradali.
Mi capita di leggere racconti di automobilisti che in strade provinciali con limite di 70km/h si sono trovati dei ciclisti dopo una curva ed hanno dovuto fare dei miracoli per non investirli. Ma se ci fosse stata una frana, un trattore, una mucca, un auto in panne, il gabibbo... cose avrebbe fatto?
Il problema sono i ciclisti non in fila indiana, o tu che prendi una curva cieca a 70 km/h?
Secondo me, il solo fatto che siamo in automobile ci fa confondere la parola limite con diritto, e quindi il ciclista che mi toglie il diritto di andare a quella velocità é d'intralcio, in più lo fa per divertimento, lo stronzo: é lui l'arrogante.
Quindi, nel paese del "volemose bene" si sente parlare di tolleranza sulla strada, o altri concetti perbenisti che non stanno in piedi per un solo motivo: il ciclista muore, all'automobilista si fredda la polenta.
A tal proposito la visione borghese della lettera di Giangiacomo Schiavi in risposta a Beppe Servegnini sul Corriere della Sera fa comprendere la superficialità con cui il giornalismo tratta il fenomeno, relegato ad un ruolo estetico delle cittá, in cui il ciclista é per lo piú quello ti porta il sushi: "e non sono solo stranieri" trasferisce il distacco con cui si tratta chi non si muove in auto in Italia. Spesso i giornalisti si informano, se devono parlare di ciclisti é sufficiente cavalcare il sentito dire e l'opinione pubblica che non si sbaglia.
Ringrazio chi é riuscito ad arrivare fino alla fine.
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